E’ dei giorni scorsi l’emergere sui giornali locali della proposta di rivedere o di abolire la “legge Gilmozzi” sulle seconde case. Da un lato alcuni sindaci e albergatori preoccupati e dall’altra gli imprenditori del settore edile e del mercato immobiliare favorevoli.
Negli anni della mia attività politico-amministrativa nel Comprensorio di Primiero, in qualità di assessore all’Urbanistica portai all’elaborazione e poi all’approvazione, avvenuta all’unanimità dell’Assemblea, del Piano Urbanistico Comprensoriale, fondato su due “novità” che allora non erano scontate. La prima: no ad aree per costruire seconde case e sì ad aree per l’edilizia sociale e agevolata e ad aree edificabili di proprietà di residenti che intendevano costruire la prima casa per la propria famiglia o per i figli già adulti. La seconda: sì alla ristrutturazione di baite a scopo di residenza temporanea anche di tipo turistico (in precedenza era consentita solo per uso agricolo, pur con abusi e aggiramenti diffusi), purché fosse coltivato il prato di pertinenza, riservando una parte dei vecchi fienili per il deposito del fieno.
Gli Uffici provinciali competenti fecero qualche resistenza contro le due novità, ma poi le approvarono anche tecnicamente e il PUC, approvato dalla Giunta, divenne esecutivo. Poi venne la buriana sui comprensori, la politica decise di ridare ai Comuni la competenza urbanistica (salvo linee generali di indirizzo) e questi allargarono un po’ le maglie sui masi, mentre la legge Gilmozzi introdusse per i comuni turistici dei vincoli sulla nuova edificazione nonché limiti alla modificazione della destinazione d’uso delle baite.
Ora viene lamentata l’esistenza di case nuove invendute a causa, si pensa, del vincolo a prima casa. Si tratterebbe di fare allora una deroga, non si capisce ancora se temporanea, tipo “sanatoria” o se a regime. Si presuppone che ci sia una domanda non soddisfatta di seconde case, che potrebbe trovare soddisfazione nelle prime case rimaste invendute (da quando? e per quanto tempo?). Condivido l’idea che l’aumento di seconde case in comuni ad alta intensità di turismo sia una strategia sbagliata. Come già detto in altre occasioni, l’offerta di seconde case è utile alla comunità solo per avviare l’attività turistica in aree a bassa o nulla attività turistica; per esse non hanno senso limitazioni, anzi, avrebbero senso incentivazioni, esenzioni. Lo stesso dicasi dove si registrano abbandoni e degrado di masi di montagna. Laddove l’attività turistica è avviata e sviluppata, invece, alla comunità serve che essa generi posti di lavoro e l’indotto occupazionale dell’attività alberghiera è molto maggiore di quella che dà la seconda casa, il cui effetto occupazionale si esaurisce quasi del tutto con la costruzione.
Quando a governare la provincia c’era la DC, si avviarono programmi di finanziamento della ristrutturazione dei centri storici rurali (oltre che urbani). Non v’è chi non veda che vi sono ancora grandi spazi per interventi di risanamento, anche in centri turistici. Lo stessa dicasi per i masi di montagna. Nel programma di coalizione dell’attuale maggioranza provinciale il Centro Popolare propose che nelle politiche del territorio, dalla tassazione alle normative edilizie e urbanistiche, fosse introdotta una categoria di persone intermedia fra il residente e il non residente, quella dell’”originario”, ossia di quello la cui famiglia di origine (almeno per un paio di generazioni?), era residente, ma che poi ha lasciato il comune per andare a risiedere altrove, per lo più per lavoro. Tale categoria ha trovato riconoscimento da poco anche nella legislazione italiana su usi civici e proprietà collettive, ma vige da sempre in Svizzera. Gli “originari” hanno la prima casa altrove, ma il mantenere un legame con la terra di origine, costruendo o acquisendo o ristrutturando o semplicemente continuando ad usare la casa che fu dei genitori e dei nonni, ha certo un valore diverso, per la comunità, del turista estraneo alla comunità che desidera avere una casa per i fine-settimana e per le ferie. Vengo da una famiglia numerosa e non tutti i fratelli e le sorelle hanno potuto restare a Primiero, ma mi pare incongruo che vengano considerati dalle normative come estranei con seconda casa. Se si riconoscesse una situazione intermedia di originario, si aprirebbe uno spazio di attività edilizia e di mercato aggiuntiva, che certo non susciterebbe le preoccupazioni di veder usato in modo poco produttivo e con effetti positivi solo a breve termine il territorio, già scarso e già in parte compromesso da un modello di turismo poco vantaggioso per la comunità.
scritto 30 aprile 2019