L’Adige segue da giorni con ampi spazi la vicenda del cambiamento degli organizzatori del Festival dell’Economia che la Provincia Autonoma di Trento ha voluto. Non solo l’Editore Laterza e il prof. Tito Boeri, i più diretti organizzatori del Festival fin qui tenuto, ma anche l’Università di Trento con il Rettore e le firme su un documento di protesta di molti suoi docenti e il Sindaco di Trento, parti del Comitato organizzatore, si sono aspramente espressi contro la decisione provinciale, annunciando i primi volontà di ritorsione organizzando il festival in altre città, facendo quindi concorrenza a Trento e negando correttezza all’uso del simbolo dello “scoiattolo”. E’ seguita la notizia che due ex cattedratici di Trento, già marito e moglie, e titolari di altri importanti incarichi, nonché l’attuale Presidente della Fondazione Kessler sosterrebbero l’iniziativa di tenere il festival a Torino.
Non sono tra coloro che furono lieti della decisione presa molti anni fa dalla Provincia di Trento di finanziare lautamente il Festival, non tanto perché i vertici organizzativi facevano parte dell’apparato culturale della sinistra, ma perché abbondante denaro pubblico della Provincia veniva speso in un’iniziativa poco produttiva per la scienza ma molto solo di immagine per il Presidente della Provincia Autonoma e per gli organizzatori, con riconoscenza acquisita da parte di operatori turistici e di proprietari di mezzi di comunicazione di massa, beneficiari di risorse per la divulgazione dei programmi. Spese di questo tipo sono per l’immagine, ma l’autentica cultura trentina non ama le spese per l’immagine, tipiche un tempo dell’”estate romana”; vuole spese per le cose “solide”, che possono e debbono essere anche per scienza e cultura, ma produttive di progressi.
Ciò che mi induce a scriverle, Direttore, è il desiderio di smascheramento delle ipocrisie che ispirano le proteste. La Provincia di Trento è accusata di aver cambiato i responsabili del Festival perché governata da una coalizione di centro-destra a guida leghista. Lo ritengo probabile, ma mi chiedo se le forti proteste a sostegno dei precedenti organizzatori non siano a loro volta motivate dal fatto che essi rientravano nell’arcipelago della cultura di sinistra, non certo quella di ispirazione marxista, ma quella laico radical chic, che peraltro ha largamente sostituito la prima tra gli apparati culturali della sinistra. Sembra assai prematuro prefigurare mancanza di attenzione al pluralismo nella nuova gestione. Certamente a cambiare saranno i beneficiari delle “rendite” politiche e di clientela, che potranno non essere più della galassia precedente, che quindi protesta prefigurando quanto meno lesa maestà (come non sapessero Comune di Trento e Università di Trento che il potere di decisione è soprattutto nelle mani di chi ci mette i denari) nonché mancanza di qualità scientifica, degradata a divulgazione priva di spessore.
Sarà il futuro a dire se il nostro (trentino) denaro pubblico servirà per lo più (a parte i risvolti per gli operatori turistici) solo a un’operazione di immagine; di certo la gestione Laterza-Boeri lo faceva a sostegno di indirizzi che si possono definire “conformisti” , in consonanza nel loro insieme con scelte “governative” di centro-sinistra. Da qualche nome filtrato sulla stampa di sostenitori del nuovo corso ci si potrebbe attendere qualche “anticonformismo” in più, qualche capacità in più di violare i tabù del “politicamente corretto”. Le riflessioni di Giulio Tremonti in più occasioni, l’ultima a Pieve Tesino nella “lectio degasperiana” di quest’anno, non sono certo segnale di conformismo. L’editore del giornale di Confindustria, Il Sole, capofila, potrebbe farne dubitare, ma si vedrà.
Pubblicato da l’Adige settembre 2021