Al Direttore de l’Adige,
nel suo editoriale del 28 gennaio si pronuncia con favore sulla nuova legge elettorale approvata in Senato e sostenuta da Renzi e Berlusconi, accordatisi con il “patto del Nazzareno”. Secondo Lei, tale legge realizza un giusto equilibrio tra esigenza di governabilità ed esigenza di dare rappresentanza alle diverse formazioni politiche. Si sa chi vince e governa e chi perde, si superano le ingestibili coalizioni della Seconda Repubblica. Il limite dei capilista deputati nominati dai vertici dei partiti viene da Lei sostanzialmente ridimensionato affermando che gli elettori potranno scegliere la metà dei deputati. Il premio di maggioranza è condizionato a una soglia che a Lei sembra “alta” (40%) In ogni caso la nuova legge sarebbe il meglio che si potesse realizzare. E i senatori che non la volevano votare per il permanere in essa di deputati nominati avrebbero per coerenza dimettersi, essendo essi stessi stati nominati.
Avendo vissuto il disagio della neonata Federazione dei Popolari di fronte al voto favorevole dei senatori che a tale Federazione fanno riferimento, motivato con l’esigenza di favorire l’unificazione delle formazioni politiche che fanno parte del PPE, contraddicendo la nuova legge, a nostro avviso, principi fondamentali di democrazia, vorrei cercare di evidenziare dei punti poco convincenti del suo ragionamento, riconoscendo che comunque la nuova legge è migliore di quella dichiarata incostituzionale (il “Porcellum”).
Il punto di maggior dissenso riguarda la sottovalutazione del fatto che gli elettori non possono scegliersi tutti i parlamentari; Lei dice che altro non si poteva fare. Perché? Bastava che Renzi lo avesse proposto: avrebbe avuto i voti necessari. Se non lo ha fatto è perché ha condiviso con Berlusconi il desiderio del potere di nominare i deputati, almeno per una quota che, in dipendenza dai risultati, può andare assai oltre la metà. Le sembra democrazia questa? Una volta si combatteva la “partitocrazia”, che si traduceva in potere di nomina in enti pubblici, ma lasciava il diritto degli elettori di scegliere i parlamentari. Ora non fa più scandalo il potere di nomina da parte dei vertici dei partiti della maggior parte dei parlamentari? Perché poi i senatori che rivendicavano tale diritto degli elettori avrebbero dovuto dimettersi perché essi stessi figli di una legge che non ammetteva preferenze? Se la Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale tale legge anche per il mancato rispetto del diritto di scelta ha anche consentito che questo Parlamento di nominati approvi una nuova legge, perché mai questo diritto avrebbe dovuto essere negato (per essere coerenti) proprio a coloro che di parlamentari nominati non ne volevano? E’ da rimarcare come la possibilità di scelta dei parlamentari da parte dei cittadini in nulla compromette la governabilità, rimanendo dei partiti il potere di decidere chi mettere in lista.
Il Governo, per la nostra Costituzione, è legittimato a governare se ha la fiducia del Parlamento. Se il Parlamento non rappresenta in modo equo i cittadini la fiducia che esso dà non corrisponde alla fiducia della maggioranza degli italiani, neppure di quella parte che vota. E’ un bene, questo, per la democraticità di un sistema politico? Degasperi nel 1953 propose un ridotto premio di maggioranza, ma che scattava solo se c’era già la maggioranza. Allora venne definita dalle sinistre “legge truffa”. A Lei pare alta una soglia del 40%. A me pare veramente bassa: infatti il premio di maggioranza aumenta del 40% quel 40% di deputati cui i voti ricevuti darebbero diritto. Tutto si può sacrificare alla “governabilità”? Lo fanno i sistemi autoritari.
Altro contributo alla governabilità, secondo lei, verrebbe dal fatto che il premio viene dato alla lista e non a una coalizione di liste. Credo che non serva molto per capire come la tendenza ad avere un voto più degli altri si ripresenti anche per le singole liste. Queste, quindi, tenderanno a diventare più eterogenee, includendo una varietà di identità politiche. L’eterogeneità semplicemente si sposta dalla coalizione di liste alla singola lista che lotta per il premio di maggioranza. Gli eletti delle diverse identità raggruppati nell’unica lista manterranno, poi, per norma costituzionale, la loro libertà di comportamento politico. L’esperienza di questi anni lo dimostra ampiamente, in primis proprio quella dei candidati nei collegi uninominali. Io ad es. ero eletto nelle liste della Casa delle Libertà, ma poi aderivo al gruppo del CDU, così come facevano tutti coloro che, con diverse identità, confluivano nell’unica “Casa”.
Quanto poi al fatto che il sistema delle preferenze plurime sarebbe fattore di corruzione, credo che si dovrebbe riflettere sul fatto che il potere di nominare dei parlamentari può indurre (e si dice che sia successo) a concedere la nomina dietro congrui contributi al partito (quando va bene) E’ il fenomeno della compravendita dei seggi. Il sistema uninominale, che a Lei piace, ai tempi di Giolitti è noto per la corruzione di cui era intriso. Non le pare che per combattere la corruzione serva altro che negare il diritto di scelta dei parlamentari da parte dei cittadini?
Si può dire che la nuova legge, se verrà confermata dalla Camera, è meglio del Porcellum, ma questa era già morta. Si poteva e si doveva fare di meglio!
Cordiali saluti,
Renzo Gubert