Su l’Adige del 27 marzo u.s. un articolo dell’on. Giorgio Tonini invita a rivedere il modo nel quale si affrontano temi delicati come la famiglia e la sessualità, prendendo spunto dai recenti episodi di cronaca riferiti alla sospensione in Trentino di corsi scolastici sul “genere” e al convegno di approfondimento in merito organizzato dalla Provincia con esperti, contestato da molta parte delle sinistre politiche e sindacali.
Giustamente Tonini, richiamando Aldo Moro, sostiene che non basti parlare di diritti, ma occorre anche parlare di doveri. E’ una presa di distanza netta da coloro che contestano con proteste e manifestazioni, in questi giorni, non solo il Convegno provinciale sulle differenze tra uomo e donna, ma anche il Congresso mondiale sulle famiglie che si terrà a fine settimana a Verona, prese di posizione ossessive in alcune reti TV come TV7, con la Gruber. Ma è anche un richiamo a non rendere l’insistenza sui doveri il modo di disconoscere rilievo pubblico a forme di relazione sessuale e forme di convivenza perché non appartenenti alla “natura”, dato che questa nell’uomo è interpretata e modificata dalla cultura.
L’approccio sostenuto da Tonini, moderato, può apparire convincente, ma nasconde la profondità e la portata della “sfida antropologica” che la questione sessualità e famiglia (e si può aggiungere la tutela della vita umana) pone.
Tra diritti e doveri vi sono incompatibilità. Si prenda il cosiddetto “diritto di aborto” rivendicato da chi teme iniziative legislative in merito. La legge 194 non stabilisce che l’abortire sia un diritto, anzi, esclude che possa essere usato come mezzo di controllo delle nascite. Consente l’aborto solo se questo contraddice (anche un po’) un altro diritto, quello alla salute della madre e impegna a prevenire le cause che possono indurre la madre a uccidere il figlio che porta in grembo. Eppure le parti politiche e sindacali di sinistra e i laicisti più intransigenti, oltre che i principali mass-media, non fanno che parlare di diritto all’aborto. Che considerazione hanno avuto quei cittadini che invece sottolineano l’importanza del diritto alla vita anche del concepito nel grembo materno e l’importanza del dovere di tutelarlo? Nessuna, anzi derisione, accuse di essere retrogradi, accuse ai medici obiettori, censura sulle azioni di volontariato per aiutare le madri in difficoltà.
Si prenda la legge sulle unioni civili, celebrata anche da Tonini. Non si è potuto riconoscere tali unioni, specie tra persone dello stesso sesso, come “famiglia”, ma solo come “formazione sociale”. Eppure i partiti, i sindacati, altre forze sociali e culturali di sinistra continuano a parlare di “famiglie” ( o di “famiglie arcobaleno”) e hanno voluto che a tali “formazioni sociali” siano riconosciuti i medesimi diritti della famiglia “naturale”, fondata sul matrimonio di uomo e donna, fino a giungere all’aberrazione di voler riconoscere la pratica dell’”utero in affitto” (per ora solo all’estero) pur di consentire alle unioni omosessuali di avere figli. Si è affermato il diritto a due omosessuali di essere “famiglia” e di “comprare” figli per soddisfare un loro desidero diventato “diritto”. Ma come si concilia questo con il diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre, il diritto a conoscere la sua identità, e con il corrispettivo dovere di porre il figlio nelle migliori condizioni per una sua crescita equilibrata? Che considerazione hanno avuto e hanno coloro che insistono affinché tali diritti-doveri siano garantiti? Nessuna, anzi, derisione, accuse di essere retrogradi, di non capire che la natura per l’uomo è plasmabile fino a poter mutare il sesso biologico e genetico.
E si potrebbe continuare negli esempi. La sinistra e i super-laicisti al potere hanno imposto la loro visione senza “pietà” per chi la pensava diversamente da loro. Ora che i cittadini hanno dato più forza politica a coloro che intendono tutelare la vita umana anche nel grembo materno e che intendono tutelare, come recita la Costituzione, la famiglia come “società naturale”, si grida allo scandalo, si evoca arretratezza culturale da Medio Evo, si contestano aspramente iniziative culturali, come quelle di Trento e di Verona, negando la legittimità di patrocini pubblici, rivendicati, invece, a gran voce per le feste dei gay. Tonini chiede un contemperamento di diritti e doveri, ma la compatibilità tra alcuni diritti o tra alcuni diritti e alcuni doveri non c’è. O c’è la vita o c’è l’uccisione, o c’è la famiglia fondata sul matrimonio di uomo o donna o c’è la famiglia (unione) di omosessuali che compra figli altrui, o c’è il diritto a sapere di chi si è figli o si nega per non disturbare i compratori di figli. Aldo Moro non avrebbe avuto dubbi sulla posizione da prendere e non può essere strumentalizzato, neppure da Tonini, per avallare ambiguità e compromessi non su scelte ordinarie di politica, ma su valori fondamentali.
scritto 27 marzo 2019