Su l’Adige di mercoledì scorso 28 novembre è pubblicato un articolo di Carlo Borzaga a difesa delle scelte compiute dal sistema di credito cooperativo, stanti norme di legge fatte da Padoan-Renzi, peraltro negoziate con i rappresentanti dello stesso credito cooperativo. Sarebbe a suo dire sbagliato evidenziare i rischi creati da tali scelte, come hanno fatto alcuni interventi sulla stampa, trascurando, invece i vantaggi, che a suo dire sarebbero cospicui e nettamente prevalenti. E li elenca, ripetendo quanto presidenti, direttori e rappresentanti di Cassa Centrale Banca SpA hanno illustrato nelle assemblee dei soci, prima di quelle che hanno deciso l’adesione al gruppo guidato da Cassa Centrale Banca e poi in queste settimane di quelle che hanno approvato le modifiche di Statuto di ogni cassa rurale.
Nessuna delle argomentazioni proposte si misura con i caratteri identitari delle cooperative di credito di tipo Raiffeisen, come sono quelle trentine (e anche le altre italiane). Uno di questi caratteri è il sistema di decisione delle banche: ciascun socio conta come ogni altro: una testa un voto. Con i nuovi gruppi le decisioni sono prese nella società capogruppo e in ciascuna cassa rurale anche da soci “capitalisti”, che pesano in base al capitale conferito, come nelle società per azioni, pur con un limite massimo. Si è scelta la scorciatoia di poter ricorrere ai soci capitalisti per potenziare la cassa rurale, ma ciò è uno stravolgimento di un elemento fondamentale di identità. Si può dire che è una sconfitta? Questa modifica di Statuto è una realtà, non è un “rischio”.
Un secondo carattere identitario è l’autonomia decisionale di ogni cooperativa. Essendo in gioco risparmi, affidamenti e mutui per investimenti, giusto che tale autonomia veda regole di garanzia. Le garanzie erano i revisori dei conti di ciascuna Cassa, la vigilanza delegata alla Federazione Trentina della Cooperazione da parte di Regione-Provincia, la vigilanza della Banca d’Italia. E non è un caso che, pur con la crisi economico-finanziaria degli ultimi dieci anni, il sistema del credito cooperativo abbia retto, attivando per i casi più difficili anche meccanismi di solidarietà interna al sistema. Creando il gruppo capeggiato da Cassa Centrale Banca, l’autonomia di ogni Cassa rurale è ridotta a poco, poco più di quella accordata a una filiale di una banca commerciale o di affari nazionale di tipo capitalista. I criteri di gestione di personale, del credito oltre una certa soglia, di tassi su prestiti e depositi, di istituzioni o chiusure di filiali sono fissati da Cassa Centrale Banca. Borzaga dice che Cassa Centrale Banca non avrà interesse alcuno a mortificare casse rurali efficienti, ma per Statuto i suoi amministratori (e in certi casi gli stessi soci capitalisti) potranno rimuovere gli amministratori non obbedienti di una cassa rurale e far eleggere quegli amministratori da essa scelti, fino ad avere la maggioranza nel CdA. E’ un potere senza controllo da parte delle casse rurali associate, che sono solo sottomesse, senza possibilità di ricorsi o di appello. E’ vero che il cattivo uso di tale potere è solo un rischio, come dice Borzaga, ma la perdita di autonomia non è un rischio è un fatto, già fissato nelle modifiche di Statuto e poi nel contratto di coesione.
Da ultimo le modalità di decisione. I dirigenti di Cassa Centrale Banca, condizionando Presidenti e Direttori delle casse rurali, hanno impostato assemblee dei soci, nelle quali non tutte le alternative possibili sono state presentate e, ancor peggio, la presentazione delle modifiche di Statuto proposte non è stata illustrata. Dai soci si voleva solo il voto favorevole, senza consapevolezza dei contenuti statutari modificati. E per averli si sono illustrati i cosiddetti “vantaggi” dell’operazione, limitandosi a una lettura molto affrettata delle modifiche poste ai voti, senza possibilità di emendare. Non mi pare ciò coerente con i principi identitari della cooperazione, anzi, è stato un loro tradimento. Non partecipazione consapevole ma manipolazione architettata. E se il bel giorno si vede dal mattino, non vedo con quale fiducia Borzaga possa pensare che gli amministratori di Cassa Centrale Banca agiranno in piena coerenza con i valori della cooperazione. Anche per la lesione del principio partecipativo consapevole si tratta di un fatto, non di un “rischio”.
Ho l’impressione che i responsabili delle scelte compiute non abbiano più fiducia nella cooperazione, particolarmente in quella di credito, e quindi abbiano scelto una sua trasformazione che, come dichiarato dal caposindaco della cassa rurale della quale sono socio, la stravolge. Ciò che amareggia è che ai soci tale stravolgimento sia stato mascherato.