I giornali trentini di queste settimane danno spesso la notizia delle deliberazioni delle assemblee delle casse rurali che cambiano quasi all’unanimità i propri statuti, per consentire poi la firma da parte degli amministratori del “contratto di coesione” con la banca capogruppo, Cassa Centrale Banca, Società per Azioni. Pochissimi i voti contrari o le astensioni.
La situazione mi ricorda quella del pifferaio olandese che col suo suono dolce porta tutti i topi ad annegarsi. I topi sono allegri e lietamente vanno incontro al loro destino, affascinati dalle note della melodia. Sono proprio i cooperatori a creare le premesse per la morte delle cooperative di credito. A suonare il piffero sono i dirigenti di Cassa Centrale Banca: la legge voluta dal Governo Renzi e dal ministro Padoan, dopo le Banche Popolari, vuol consegnare alle banche nazionali (ma non solo) già guidate da banche straniere, anche le banche cooperative, adducendo a motivo la messa in sicurezza dei risparmiatori che di esse si avvalgono; tuttavia non è riuscito ad evitare che per le banche cooperative dell’Alto Adige, per gran parte in mano alla minoranza di lingua tedesca, possano organizzarsi in modo autonomo. Per simmetria storica, la stessa possibilità è data anche alle casse rurali trentine. Ma Cassa Centrale Banca, i suoi dirigenti, ha ambizioni più grandi, che vanno oltre il Trentino. Anche alcune Casse Rurali in aree provinciali di confine hanno interessi fuori Trentino: hanno aperto pochi sportelli e filiali in Veneto e in Lombardia e non vi vogliono rinunciare. Altre società per azioni create dal sistema cooperativo, con funzioni strumentali, hanno un mercato più ampio del Trentino. La scelta di un gruppo autonomo trentino non viene neppure considerata tra le alternative tra le quali scegliere, e neppure quella, possibile, di fare un unico gruppo regionale autonomo. E alle Casse rurali trentine si è proposta solo la scelta di fare di Cassa Centrale Banca la capogruppo di un gruppo nazionale, in competizione con la proposta di ICCREA di un unico gruppo nazionale. E così tutte le casse rurali trentine hanno fatto la scelta proposta. Tale scelta è stata fatta senza dire ai soci i contenuti del “contratto di coesione”, le cui conseguenze sugli Statuti sono state rese note, con letture frettolose e senza spiegazioni preliminari, nella seconda ondata di assemblee di queste settimane.
Qual è la dolce melodia suonata? Il gruppo di Cassa Centrale Banca, società con sede a Trento e guidata da due trentini, diventerà uno dei primi dieci gruppi bancari italiani! Evviva. Ma la dolce melodia porta ad annegare: le casse rurali non sono più solo fatte da soci cooperatori, ma anche da soci finanziatori (che possono essere anche altre banche o fondi di natura capitalista). Idem Cassa Centrale Banca, società per azioni, che di fronte ad offerte allettanti non potrà dire di no a soci finanziatori, grandi imprese , fondi speculativi o grandi banche, anche straniere o controllate da stranieri. La dolce melodia porta ad annegare le casse rurali nello stagno oscuro della perdita dell’autonomia nelle decisioni che contano (scelte degli amministratori, dei criteri di gestione di personale, filiali e credito). Ma i topi sono ammaliati: non è colpa loro; per le complesse questioni del credito si sono fidati e si fidano dei loro amministratori. Ma gli amministratori? Sono stati anch’essi ammaliati dai grandi pifferai di Cassa Centrale Banca? Ne dubito assai. Forse condizionati dalla situazione non facile della propria Cassa Rurale, forse incapaci di predisporre un’alternativa fattibile, forse semplici aiutanti dei grandi pifferai per debiti di riconoscenza o per consuetudine amicale, magari non convinti, hanno suonato anch’essi il piffero. Ma il pifferaio di Hamelin liberava gli abitanti del villaggio dai troppi topi. I pifferai di Cassa Centrale Banca pongono le premesse per togliere ai trentini una costola rilevante della propria identità, la cooperazione di credito che governa quasi la metà del credito e del risparmio secondo i principi delle cooperative Raffeisen. E’ un’iniziativa che si rivolge contro gli abitanti del villaggio. E perché? Quali le ragioni di un tradimento dei principi cooperativi? Quali sono i “trenta denari”? Essi possono svanire: la sede può andare a breve fuori Trentino, i massimi dirigenti potranno essere a breve non trentini, il controllo trentino del 30% del capitale cooperativo potrà essere poca cosa di fronte al resto del capitale cooperativo e al 40% del capitale non cooperativo. Cosa resta? Le ingenti spese per costruire il gruppo e le elevate retribuzioni per alcuni dirigenti, divenuti dirigenti di un significativo gruppo bancario. Perché non ripensarci visto che a Roma Governo e maggioranza concederanno alle casse rurali dell’Alto Adige di evitare lo stravolgimento dell’assetto della cooperazione di credito garantendo i risparmiatori con lo strumento di un fondo di garanzia finanziato dalle stesse banche, e altrettanto potrebbero fare per le casse rurali trentine o per tutte le italiane? Gettare i trenta denari dopo che il processo ha emesso la sua sentenza non servirà a riparare.