Un amico mi ha inoltrato un articolo pubblicato sulla Newsletter n.127 del 19 dicembre 2018 di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” intitolato “Non abbiamo bisogno”. Sostiene che non c’è bisogno nè di un partito di cattolici e neppure di un partito di ispirazione cristiana. E’ una tesi dominante da quando la Democrazia Cristiana si dissolse come grande partito di ispirazione cristiana. Anche le guide della comunità ecclesiale italiana erano di questa idea: basta l’unità sui valori, si sentiva dire. E ricordo le riunioni di parlamentari cattolici organizzate dall’on. Fronza Crepaz, del Movimento dei Focolari, proprio per mantenere l’unità sui valori nella situazione di diaspora dei politici cattolici, collocati in partiti di opposte coalizioni. Era stato il Concilio (Gaudium et Spes) ed enunciare il principio per cui l’unità della fede non obbligava all’unità nella politica e già la DC non era il partito dei cattolici, ma un partito di cattolici, laico di ispirazione cristiana.
Come mai nel Notiziario in questione si sente il bisogno di insistere sulla tesi che non ci sia bisogno di un partito di cattolici o, in un’altra parte del testo, di un partito di ispirazione cristiana? Evidentemente perché è cominciata ad emergere tra laici cattolici e nell’episcopato italiano l’idea che l’irrilevanza politica dei cattolici di questi anni poteva consigliare di rivedere la tesi ultraventennale che bastava l’unità nei valori, per camminare, invece, verso strumenti più incisivi di azione politica. Dall’affermazione di Paolo VI che l’impegno politico è un’alta forma di carità si è passati a riconsiderare la situazione, per vedere se non facesse parte di una carità efficace la ricerca di forme organizzative più incisive di praticarla. E così sono nate iniziative per individuare tali forme più incisive.
L’articolo del Notiziario afferma che si debbano cercare nuove modalità di impegno politico che non partano da identità, ma da passione politica per affrontare problemi che sono di tutti, quello ambientale, quello delle conseguenze negative della globalizzazione, e altri ancora. La conferma di questa tesi si troverebbe nei fallimenti dei tentativi di costruire un partito politico di ispirazione cristiana e porta l’attenzione al processo in corso di rianimare la Democrazia Cristiana, ibernata per quasi un quarto di secolo. Sono tra quelli che si è impegnato, da vecchio socio della DC nell’ultimo anno nel quale si è avuto il tesseramento in tutta Italia (1992), a ricostituirne gli organi, in modo da poter aprire ora, secondo Statuto, le iscrizioni a coloro che ritengono utile in Italia un partito di ispirazione cristiana. Le iscrizioni si sono aperte da poco ed è non solo ingeneroso, ma fuorviante, pronunciare una sentenza di fallimento, non sulla base delle adesioni, ma di un’autosopensione del neo Presidente del Consiglio Nazionale, on. Gianni Fontana, prima dichiarata, poi negata continuando a presiedere la riunione del Consiglio Nazionale e poi ridicharata a un giornalista. La riattivazione della DC non avrà un buon risultato se una persona, per quanto autorevole, ne sarà o meno partecipe, ma se verrà riconosciuta come positiva da cittadini che ritengono utile all’efficacia della “carità politica” un partito di ispirazione cristiana, godendo tra l’altro la Dc di una storia e di una tradizione di uomini e cristiani eccelsi, a cominciare da Sturzo e Degasperi. Aspetti, quindi, almeno qualche mese, l’articolista, prima di pronunciare fallimenti.
Vorrei infine invitare l’articolista a riflettere su un punto: se è vero che su molte sfide cruciali per l’umanità di oggi è pensabile trovare convergenze che possono fare a meno di un partito che fonda la propria identità di ispirazione sul pensiero sociale cristiano, può dire altrettanto per un’altra delle sfide epocali, che l’articolista non menziona, e che si può riassumere nella “questione antropologica”? Gli sviluppi nel campo della genetica, della cura di malati gravi mettono alla prova la capacità dell’uomo di governare eticamente tali potenzialità tecniche. La possibilità di disgiungere procreazione e unione sessuale di uomo e donna e la crescita di individualismo egocentrico nelle relazioni di coppia mettono a grave rischio la stabilità della famiglia come ambito umano più adatto a una crescita delle nuove generazioni. Da una vita, ormai, con conferme evidenti nelle mie tre legislature da parlamentare, ho maturato la convinzione che affrontare questa sfida antropologica (concezione dell’uomo e di sessualità e famiglia) sia irrealistico senza impegnare i cristiani che in merito hanno maturato convinzioni profonde, non solo sulla base di dogmi di fede e di morale, ma anche di laica concezione dell’uomo e della famiglia. Danneggia l’affronto di questa e di altre sfide, citate dall’articolista, se si riattiverà un partito di esplicita e prevalente ispirazione cristiana, meglio se in continuità storica con un’esperienza ormai centenaria? Arduo sostenerlo, come sostenere che sia inutile; più facile che, invece, ciò sia di aiuto. Il non affronto adeguato di queste sfide negli ultimi decenni dovrebbe rendere prudenti nel sostenere che di un tale partito non si sente bisogno.