Su Vita Trentina del 18 dicembre u.s. sono riportati il testo del messaggio di Papa Bergoglio per la Giornata Mondiale per la Pace e sei commenti, tutti molto favorevoli, compreso quello di una esponente del mondo islamico. Il cuore del messaggio pontificio è centrato sull’efficacia della non violenza come mezzo per la pace. Si citano esempi storici quali quello di Gandhi e Martin Luther King. Solo tale mezzo, per il Papa, è pienamente coerente con l’insegnamento di Gesù di Nazareth, che nel discorso del Monte delle Beatitudini annuncia e vero e proprio “manuale” per tale strategia.
Il messaggio mi ha fatto pensare ai miei dieci anni trascorsi (anche con qualche responsabilità) nella Commissione Difesa del Senato, dove la preoccupazione maggiore era (e penso sia tuttora) quella di avere Forze Armate efficienti. Due gli obiettivi “politici” principali: garantire efficacia nella difesa dell’Italia, dell’Europa, dell’Occidente in caso di aggressioni e garantire efficacia nelle operazioni militari per la creazione, il rafforzamento e il mantenimento della pace in situazioni di grave conflitto. L’efficacia deriva in proporzioni diverse da caso a caso da azioni militari e azioni civili (pur se in un contesto militare) di promozione di condizioni di pace, con la garanzia della protezione militare. L’efficacia dell’azione militare contempla l’uso attuale o potenziale della violenza delle armi, esattamente l’opposto di quanto sostengono coloro che si ispirano alla strategia della non violenza.
Cosa deve pensare il cristiano che si impegna per una maggior efficacia della forza militare per un uso giusto della violenza? Ragionevole dire che non si può parlare di “guerra giusta”, neppure di difesa da aggressioni, quando si usano armi come quelle nucleari: il danno sarebbe maggiore del bene ottenuto difendendo una ragione giusta. Non sembra ragionevole ritenere che per ottenere la pace l’unica strategia veramente coerente con l’etica cristiana sia l’uso della non violenza. L’escludere l’uso della violenza per fermare aggressioni esterne o interne può, al contrario, incentivare le aggressioni stesse. Anziché un fattore di pace, diventa un fattore di disordine anarchico dove prevalgono i più forti, i più armati, coloro che hanno come fini il dominio di persone e popoli.
Se i cristiani dovessero abbracciare il metodo della non violenza per essere coerenti con la propria fede e la propria etica, quelli che operano nelle Forze Armate o quelli che, in circostanze di oppressione dittatoriale sanguinaria, usano armi violente per cambiare la situazione, dovrebbero sentirsi in colpa, incoerenti. Eppure la Chiesa ha prestato e presta assistenza a chi è impegnato nelle Forze Armate e non ho mai sentito cappellani o ordinari militari dire che l’unica scelta coerente per un cristiano è quella della non violenza.
Operare per la pace è giusto e necessario, e a questo serve il richiamo della Giornata Mondiale per la Pace. Dire che l’unico modo coerente con la fede e la morale cristiana è l’uso della strategia della non violenza mi pare sbagliato. C’è chi serve la pace e i diritti dell’uomo da militare, prevedendo se necessario l’uso delle armi (ossia usando una strategia della violenza a difesa dai violenti). Ancora una volta l’integralismo fa capolino: dedurre da norme di comportamento tra individui (il porgere l’altra guancia) norme etiche di comportamento tra società.