La frase pronunciata in un’udienza da Papa Francesco in merito ai respingimenti di persone che intendono migrare ha suscitato reazioni opposte: le più dure da parte dell’on. Salvini, della Lega Nord. La frase del Papa evidenzia con parole forti (respingere è un atto di guerra) la dimensione universalista dell’insegnamento cristiano: tutti gli uomini sono fratelli e come tali vanno trattati. Credo, però, che se non contemperata con altre dimensioni, può aprire a un uso “integralista” della religione cristiana.
Innanzitutto la fraternità universale non esclude una graduazione dei doveri di fraternità, di amore per tutti gli uomini. L’amore tra genitori e figli e tra fratelli e sorelle richiede doveri reciproci più forti di quelli richiesti da legami meno stretti di parentela o di amicizia. E così i doveri reciproci tra gli appartenenti a una comunità politica sono più forti che quelli con persone appartenenti a comunità diverse. Il dovere dell’accoglienza non è il medesimo verso tutti. Le porte chiudibili servono per stabilire un limite all’accesso. E così i confini tra comunità politiche. La Chiesa non ha mai combattuto contro la fissazione di confini e di regole per il passaggio attraverso loro. Anzi, spesso ha contribuito a individuare confini accettati in caso di conflitti (ricordo il caso del confine tra area spagnola e portoghese in America Latina). Il confine e il suo controllo sono stati tra i principali strumenti di pace dell’umanità.
L’affermazione di Papa Francesco presenta, come già in altri casi, ambiguità interpretative, usate da alcuni per affermare l’immoralità dei filtri ai passaggi di uomini attraverso i confini e da altri per applicare il termine “respingimenti” sia ai naufraghi in pericolo di vita o a chi è minacciato di morte, sia a coloro che, per loro desiderio di migliorare la propria situazione, non vogliono sottoporsi ai “filtri” che una comunità politica pone all’ingresso di estranei nel suo territorio.
Può darsi che Papa Francesco non abbia voluto distinguere i due casi, ma ne dubito. Difficile pensare che chi spende migliaia di euri o di dollari per poter fruire di trasporti clandestini per penetrare nel territorio di una comunità politica sia nelle condizioni del fratello povero, affamato, bisognoso, come quello soccorso dal buon Samaritano. E’ anzi una persona (o membro di un clan familiare) che ha la capacità di investire denaro per migliorare in modo rilevante la propria condizione di vita. Come sempre, ad emigrare da contesti di povertà non sono le persone più povere, più in difficoltà, ma quelle che possono raccogliere o guadagnare denaro, privando, tra l’altro, le comunità di partenza, delle persone più innovative. E’ più probabile che il Papa abbia avuto in mente respingimenti di persone che, secondo il diritto internazionale, avrebbero titolo ad essere accolti come rifugiati, ma certamente egli saprà chiarire i possibili equivoci.
Il paragonare i respingimenti ad atti di guerra è certamente forte e obiettivamente esagerato, se essi non avvengono con l’uso di armi, ma semplicemente riportando chi non intende rispettare le regole al suo territorio di origine o di partenza. Vorrei comunque richiamare il fatto che la Chiesa non ha mai condannato di per sé gli “atti di guerra”. Spesso li ha addirittura benedetti da parti opposte in conflitto. La Chiesa ha semmai sempre condannato la “guerra ingiusta”, giungendo a definire come sempre ingiusta (per gli effetti sproporzionati) la guerra nucleare o con armi di distruzione di massa. Per la verità non si sono udite parole decise al riguardo nemmeno per l’uso di bombe nucleari (a Hiroshima e Nagasaki, il cui 50.mo anniversario è ricordato in questi giorni) da parte degli USA. Si può considerare “atto di guerra” di una guerra ingiusta il respingere chi intende penetrare illegalmente nel territorio di una comunità politica? Probabilmente sì se il respingimento avviene provocando mali peggiori di quello che intende evitare (per es. affondando le imbarcazioni cariche di persone, facendole affogare), ma non risulta che ciò avvenga in questi anni. Anzi, si è provveduto a salvare persone che volontariamente si sono esposte al pericolo di naufragio, pagando gli organizzatori del trasporto sapendo di ciò cui vanno incontro. Credo che non serva poi molto a distinguere coloro che hanno diritto all’asilo da chi emigra per desiderio di migliorare la propria condizione senza però sottomettersi alle regole in materia. L’Unione Europea, per es., ha già escluso dal novero degli aventi diritto all’asilo coloro che provengono da paesi non in endemica e generale guerra civile.
Papa Francesco ha voluto lanciare un messaggio forte. Non va equivocato e spero che, come nel caso dell’omosessualità e delle famiglie numerose, lo farà.