Sul Trentino di mercoledì 28 settembre l’on. Lorenzo Dellai replica a un precedente scritto di Flavio Mosconi, critico del modo con il quale la maggioranza di centro-sinistra che ha governato il Trentino negli anni ’90 e nel primo decennio del 2000, per larga parte segnato dal ruolo politico giocato da Dellai, ha svuotato di competenze l’ente Regione sia con riforme costituzionali che con deleghe alle Province. L’autonomia trentina infatti dipende dall’esistenza della Regione! Condividendo l’analisi di Mosconi e ricordando una delle più impegnate azioni di contrasto svolte sia personalmente in Senato, sia con manifesti affissi in tutto il Trentino da parte del Centro Popolare, non posso non rilevare l’inconsistenza della difesa del suo operato manifestata da Dellai.
Innanzitutto l’accusa con la quale Dellai colpisce “una parte della classe politica trentina”, che confonderebbe “la scatola con il contenuto: l’Ente Regione con il “frame” di cui all’Accordo di Parigi”, un errore che avrebbe fatto naufragare il Primo Statuto di Autonomia. Che il “regional frame” dell’Accordo di Parigi si traducesse nella Regione Trentino – Alto Adige non è stato un fraintendimento di una parte della classe politica trentina, bensì quanto voluto proprio da Degasperi e Gruber, i firmatari dell’Accordo, confermato dalla Costituzione (con Degasperi Presidente del Consiglio), che tra le Regioni elenca, come anche oggi, la Regione Trentino – Alto Adige. Il primo Statuto pure è stato approvato dal Parlamento con legge costituzionale ed esso prevedeva la Regione come titolare della gran parte delle competenze, riservando alle Province “di norma” la loro gestione amministrativa. Mi pare che la confusione, l’errore, lo compia Dellai nel tentativo di giustificare i danni che ha poi prodotto circa il ruolo della Regione. Che poi i trentini abbiano cercato di ridurre il ruolo delle province, dando interpretazioni restrittive del “di norma” è vero, e ciò ha dato voce al “los von Trient”, ma la vera forte spinta alla revisione dello Statuto, spinta che si stenta a riconoscere, è derivata dal terrorismo sudtirolese (irredentista) nei primi anni Sessanta, che non aveva accettato l’esito post-bellico della conferma dell’appartenenza del Sudtirolo-Alto Adige all’Italia.
Il secondo Statuto ha potenziato le competenze delle due Province, rimanendo però alla Regione competenze amministrative e ordinamentali. La tripolarità del nostro assetto autonomista era stata accettata e celebrata come soluzione originale e stabile. Dellai cerca di dare ragioni “obiettive” alle decisioni statutarie successive, che lo hanno visto come protagonista politico. Tace su quelle vere. Queste non hanno nulla da vedere con l’opportunità di “tenere insieme due storie” tramite il far diventare la Regione ambito di cooperazione fra le due Province. Dellai voleva l’elezione diretta del Presidente della Provincia di Trento, con sistema elettorale maggioritario, ma per far questo era molto utile (necessario?) avere due leggi elettorali distinte per le due Province, non essendo proponibile (allora) per quella di Bolzano l’elezione diretta del Presidente e un premio di maggioranza, visti i riflessi sulla “proporzionale etnica” e il desiderio degli italiani di avere una rappresentanza autonoma proporzionale. Da questo la proposta di ridurre il ruolo istituzionale della Regione a somma delle due Province (con l’ulteriore mortificazione “politica” poi della staffetta dei due Presidenti provinciali nel ruolo di Presidente della Regione).
A Dellai interessava anche garantirsi una maggioranza sicura nella Provincia di Trento; riducendo il ruolo della Regione, non solo a livello istituzionale, ma anche nelle sue funzioni amministrative (facendo votare anche la delega alle province delle due significative residue competenze regionali, come quella del Fondiario-Tavolare e quella sulla cooperazione), veniva incontro al desiderio della SVP di togliere di mezzo la Regione (mal digerita anche al tempo dell’Accordo Degasperi-Gruber), acquisendo meriti “politici” fatti poi valere nelle alleanze politiche strette dalla SVP in provincia di Bolzano e per le nazionali e le europee e in quelle del PATT (fratello della SVP) in provincia di Trento. In sintesi si può dire che Dellai ha “venduto” la Regione per vantaggi politici suoi e dei suoi alleati di sinistra. Lo stesso senatore Tarcisio Andreolli faceva fatica, in Senato, ad avallare le ciniche posizioni dellaiane (e non è un caso che non abbia poi avuto la conferma della candidatura a senatore).
Dellai afferma che la storia delle due comunità, trentina e sudtirolese, è intrecciata, anche per la lunga comune appartenenza alla Istituzione tirolese. La nuova Regione, però, per lui, non potrà essere “ente di governo”, ossia con proprie competenze da amministrare. Non si capisce perché. Senza proprie competenze e poteri non serve un ente; bastano incontri periodici tra presidenti, giunte, consigli. La competenza su Fondiario-Tavolare era tipicamente espressione della “comune storia” di Trentino e Alto Adige/Suedtirol; eppure ragioni di basso mercato politico hanno indotto a toglierne l’amministrazione alla Regione. Anche la cooperazione trentina e sudtirolese aveva una comune radice nel cooperativismo di matrice tedesca (a differenza di quella delle altre regioni italiane, di derivazione francese), eppure anche la competenza su di essa è stata tolta da Dellai e alleati alla Regione. Nella cooperazione transfrontaliera euroregionale la Regione non c’è; ci sono le Province. Troppo comodo invocare ora per la Regione soluzioni anomale e inedite da inventare!
Ha fatto bene Flavio Mosconi a richiamare le responsabilità di Dellai e alleati nello svuotamento della Regione. Dellai dovrebbe avere il coraggio di riconoscere gli errori compiuti: nasconderli non gli riesce.