“L’accoglienza è ancora una virtù” titola in prima pagina l’ultimo numero di Vita Trentina. Sorprende per certi aspetti l’avverbio “ancora”, come se ci fossero dubbi. E i dubbi ci sono se Vita Trentina applica quel titolo, in modo esplicito, sempre in prima pagina, ai “richiedenti asilo”, una netta minoranza.
Poi, però, nei testi citati nelle pagine interne, anche di esponenti di rilievo nazionale del clero cattolico, il messaggio si fa più generico: l’invito all’accoglienza riguarda ogni tipo di migrante, contrapponendosi in modo anche esplicito a chi, titolare di responsabilità politiche, richiama invece il problema del controllo dei flussi di migranti attraverso i confini nazionali o statali.
Come sovente accade, anche chi ha responsabilità ecclesiali applica meccanicamente e indebitamente principi etici validi per i rapporti interpersonali a questioni attinenti al buon funzionamento (bene comune) della vita collettiva politicamente organizzata. E’ frutto della maturazione politica dell’umanità l’organizzarsi in entità collettive, a base per lo più territoriale. Affinché tale organizzarsi raggiunga i suoi fini di bene comune, tali entità istituzionalizzano dei confini, con regole per filtrare i flussi (di persone, oggetti e messaggi) attraverso di essi. Tali regole possono essere più o meno permissive, ma sono comunque necessarie per il raggiungimento dei fini della comunità politica, tra i quali preminente quello della sicurezza, bisogno fondamentale di ogni essere umano.
Quale è il messaggio che su tali regole dà la comunità cristiana e chi in essa ha responsabilità di guida? Il problema nella sua specificità non è affrontato. Ci si accontenta di proclamare la virtù dell’accoglienza, come se non fosse razionale e doveroso per il bene comune fissare limiti ai flussi immigratori. Se si deve comunque accogliere tutti coloro che lasciano la loro comunità politica per entrare nei territori di un’altra, evidentemente si nega la positività anche etica della regolazione dei flussi. Se non si vuole ciò, bisognerà pur convincersi che non ogni persona può essere accolta in casa propria, nel territorio della propria comunità politica, anche se lo desidera e fa di tutto per realizzare il suo desiderio, anche a rischio della propria vita.
Anziché offendere coloro che richiamano il problema dei controlli dei flussi migratori, come ha fatto in modo inusitato per il ruolo ecclesiale ricoperto il segretario della Conferenza Episcopale Italiana, chi ha responsabilità ecclesiali, particolarmente nel campo dell’etica sociale e politica, dovrebbe, a mio avviso, cercare di affrontare il tema dei controlli dei flussi attraverso i confini delle comunità politiche in modo appropriato, specifico. Il richiamare la virtù dell’accoglienza può avere un suo significato anche a tale livello di riflessione etico-sociale, orientando a regolazioni più aperte. Ma diventa solo un esempio di uso integralista del principio cristiano dell’amore per tutti gli uomini se intende esaurire la questione etico-sociale della regolazione dei flussi.
Tonadico, 30 agosto 2015
Renzo Gubert